Nel momento in cui si applica il regolamento, il trattamento dei dati è lecito quando è necessario per il perseguimento del «legittimo interesse» del titolare (il condomino, o di un terzo, come un suo familiare, specialmente quando sia anziano, minore, portatore di handicap), purché non debbano ritenersi prevalenti «gli interessi, i diritti o le libertà fondamentali dell’interessato» ossia del soggetto che si trovi a essere ripreso. Tale valutazione non compete più all’Autorità garante, come accadeva in passato ma spetta al titolare.
Secondo le Linee guida 3/2019 del Comitato europeo per la protezione dei dati, quel legittimo interesse deve essere «esistente e attuale (ossia non deve essere «fittizio o ipotetico»); il condomino che intende ricorrere quindi alla videosorveglianza deve documentare gli eventi dannosi già verificatisi nella zona, riesaminando periodicamente la reale consistenza del rischio.
Il trattamento deve poi avvenire in modo adeguato, pertinente e limitato a quanto necessario rispetto alle finalità (c.d. “minimizzazione dei dati”). Le Linee guida suggeriscono che la scelta di installare gli impianti può quindi ritenersi necessaria solamente se la finalità proposta dal titolare non possa essere raggiunta con altri mezzi di minore intrusività per i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato, come la recinzione, il pattugliamento regolare del personale di sicurezza, l’installazione di finestre e porte antintrusione e simili.
Secondo il regolamento Ue qualsiasi forma di comunicazione di dati personali costituisce un trattamento specifico di questi, che necessita quindi di una sua propria base giuridica. Il principio di “minimizzazione dei dati” impone di prestare speciale attenzione all’installazione di sistemi di videosorveglianza che, tramite le registrazioni, siano idonei a far percepire quei dati sensibili, come le opinioni politiche, le convinzioni religiose, l’appartenenza sindacale, lo stato di salute, la vita o l’orientamento sessuale di una persona.